Il vino buono e la botte grande, degustazione di Chianti fiorentini

Chianti_Bobino_02Il vino buono sta nella botte… grande. Con buona pace dei proverbi, è la prima cosa che ho pensato risalendo sul treno dopo aver lasciato Milano giovedì scorso, ospite del Bobino Club Peugeot per l’appuntamento “Antichi sapori dei Colli Fiorentini. Un percorso tra i produttori della Toscana”. Ho incontrato 13 produttori del Consorzio Chianti Colli Fiorentini (la metà esatta dei soci totali), assaggiato la maggior parte dei vini proposti e fatto due chiacchiere con alcuni produttori che mi hanno raccontato scelte diverse e differenti visioni di un territorio non troppo esteso, ma assai variegato nell’interpretazione dei suoi vigneron. E, sicuramente, in evoluzione.

La qualità media del vino è buona, alcune punte di eccellenza sono a portata di calice per tutti sia come prezzo sia come facilità di reperibilità. Ma tra i temi che più mi interessano è la modifica in atto del legno – da barrique a tonneaux – in atto, come mi ha spiegato anche Marina Malenchini, presidente del Consorzio Chianti Colli Fiorentini. “Molti produttori stanno tornando al legno grande – mi ha anticipato rispondendo a una mia domanda prima dell’assaggio – dopo anni di barrique, per ridare più spazio al frutto”. Per chi è nato in Romagna come me e condivide con il territorio chiantigiano l’uva da cui nasce tutto – il Sangiovese – non può che essere contento di questa svolta già avviata da tempo, ma solo abbastanza di recente dichiarata con convinzione. La barrique è stata, è tuttora e continuerà a essere, in Chianti e in altre zone, comprimaria di molti grandi vini, ma a volte è anche stata protagonista di vini medi “accomodati” dal passaggio in legno. E, nel caso del Sangiovese, gli esempi non mancano sia in Toscana che in Romagna.

chianti milano

A sinistra Fattoria San Michele a Torri, a destra La Querce

Legno a parte, tra gli assaggi che mi hanno convinto maggiormente ne segnalo tre. Il primo è La Torretta Chianti Colli Fiorentini 2012 dell’azienda agricola La Querce. Siamo sulle colline fiorentine di Impruneta, il nome della cantina è un omaggio all’enorme querce, abbattuta dai soldati tedeschi durante la ritirata della Seconda Guerra Mondiale, che ombreggiava la cappella adiacente alla villa del Quattrocento, quella che oggi è disegnata  sulle etichette dei prodotti dell’azienda. Il vino unisce piacevoli note balsamiche e di menta a una freschezza e a un equilibrio notevoli.

Il secondo è il Chianti Colli Fiorentini 2013 di Fattoria di Bagnolo. Siamo sempre sulle colline di Impruneta, a sud di Firenze, nella zona del Chianti Colli Fiorentini. L’azienda agricola è costituita da 76 ettari di terreno divisi tra vigneti, uliveti e boschi e l’etichetta che segnalo mi ha impressionato più di altri vini aziendali di maggior spessore per la sua grande bevibilità e piacevolezza.

Il terzo vino che ha ripagato il viaggio è il Chianti Colli Fiorentini Riserva 2012 San Giovanni Novantasette di Fattoria San Michele a Torri, azienda biologica a cavallo delle zone vinicole del Chianti Colli Fiorentini e del Chianti Classico. Morbidezza e freschezza si fondono alla perfezione in un vino in cui protagonista è il frutto, così come quest’ultimo è piacevolmente centrale in un altro loro vino – più semplice, nel senso buono del termine – che ho assaggiato, il Chianti Colli Fiorentini San Michele a Torri, etichetta bandiera della cantina. Poi, chiacchierando, ho scoperto che da sempre utilizzano il legno grande.